L’inferno siamo noi: viaggio nel luogo che abitiamo senza saperlo
- Teresa Distefano
- 1 giu
- Tempo di lettura: 4 min
“L’inferno è la verità vista troppo tardi.”– Thomas Hardy
L’inferno. Una parola che evoca paura, punizione, oscurità. Per secoli è stato immaginato come un luogo remoto, fatto di fuoco e tormenti. Ma l’inferno non è sempre altrove. Spesso è più vicino di quanto pensiamo. È dentro di noi.
Cos’è davvero l’inferno?
Molte tradizioni religiose e culturali hanno parlato dell’inferno:
Dante, nella sua Divina Commedia, lo descrive come un viaggio nei gironi del dolore umano, ma anche come un cammino verso la consapevolezza.
Nel Cristianesimo medievale era usato per controllare attraverso la paura.
Per gli antichi egizi, l’anima passava per un giudizio dopo la morte, rischiando la distruzione se ritenuta colpevole.
Nelle culture orientali, l’inferno è uno stato temporaneo dell’essere, non eterno, causato da azioni e pensieri sbilanciati.
Ovunque, però, l’inferno appare come conseguenza: un risultato delle scelte, delle omissioni, del rifiuto della verità.
L’inferno come parte della mente
Dal punto di vista psicologico, l’inferno può essere visto come quel luogo dentro di noi dove buttiamo ciò che non vogliamo vedere:
i ricordi che fanno male,
le emozioni scomode,
le esperienze mai elaborate,
le parti di noi che abbiamo giudicato come “sbagliate”.
Lo psicoanalista Carl Gustav Jung diceva che “l’inferno è ciò che non siamo disposti ad affrontare di noi stessi.”
Ma tutto ciò che nascondiamo dentro non scompare. Resta. E col tempo si manifesta: sotto forma di ansia, rabbia, confusione, insoddisfazione. È come una stanza chiusa da troppo tempo, che ha bisogno di luce e aria.
Spiritualità e trasformazione
Nel cammino spirituale, l’inferno non è punizione. È crisi. È lo spazio del cambiamento.
Molti mistici parlano della “notte oscura dell’anima”, un momento in cui si perde ogni certezza, ogni riferimento. È il punto più buio. Ma è anche il punto in cui può nascere la vera trasformazione.
Nell’alchimia, questa fase si chiama nigredo: è il tempo in cui tutto si disfa, si decompone, affinché qualcosa di nuovo possa emergere. È la morte simbolica dell’ego. Ma è anche l’inizio della rinascita dell’anima.
Portare consapevolezza all’inferno interiore
Quello che chiamiamo inferno, spesso, è solo dolore non ascoltato.
Quando iniziamo a guardarci dentro senza giudizio, con il desiderio autentico di capire, qualcosa cambia.
La consapevolezza illumina. Porta aria. Crea spazio. E nel tempo, ciò che prima sembrava insopportabile comincia a sciogliersi.
Non si tratta di combattere l’inferno. Né di fuggirlo.
Si tratta di stare. Di osservare. Di accogliere.
È in quel momento che inizia la trasformazione:
ciò che era rabbia diventa forza,
ciò che era dolore diventa sensibilità,
ciò che era confusione diventa saggezza.
Alla Palestra dell’Anima, accompagniamo questo processo attraverso pratiche semplici ma profonde:
Ascolto profondo: imparare ad ascoltare ciò che emerge senza giudizio.
Evocazione delle immagini perturbanti: dare forma a ciò che ci abita attraverso il linguaggio simbolico e immaginale.
Pacificazione delle immagini: una volta emerse, le immagini interiori possono essere accolte, trasformate, rielaborate.
Rituali simbolici: piccoli gesti concreti per portare nel corpo e nella materia il cambiamento interiore.
Espressione creativa: usare parole, colori, suoni per rendere visibile e narrabile il proprio viaggio attraverso l’inferno.
Non è un processo immediato. Ma è possibile. E soprattutto, è reale.
Conclusione: l’inferno come soglia
L’inferno non è il contrario della luce. È il suo preludio.
È il passaggio che ci conduce a una versione più autentica di noi stessi.
Solo ciò che viene visto può essere guarito. Solo ciò che viene accolto può essere trasformato.
L’inferno è una soglia. Superarla è un atto d’amore verso di sé.
“Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura…che la diritta via era smarrita.”– Dante Alighieri
E forse quella selva, quel buio, quella confusione…è solo l’inizio del nostro vero risveglio.
Un invito a scendere per risalire
Non temere l’inferno che ti abita.Non è lì per distruggerti.È lì per mostrarti la parte di te che attende da troppo tempo uno sguardo, una carezza, una verità.
È lì che giace la forza che ancora non conosci, la luce che aspetta il tuo coraggio.
Scendere nel proprio inferno non è per chi vuole scorciatoie.È per chi vuole verità.E libertà.
Ti invito a riflettere su queste parole, non come fossero una teoria da capire, ma come un sentiero da attraversare.Un passaggio interiore, un gesto rivoluzionario d’amore verso te stessə.
Perché ogni volta che scegli di guardare dentro, con sincerità…stai già iniziando a uscire. Teresa, Life Spiritual Coach

mi ritrovai per una selva oscura…che la diritta via era smarrita.”– Dante Alighieri
E forse quella selva, quel buio, quella confusione…è solo l’inizio del nostro vero risveglio.
Un invito a scendere per risalire
Non temere l’inferno che ti abita.Non è lì per distruggerti.È lì per mostrarti la parte di te che attende da troppo tempo uno sguardo, una carezza, una verità.
È lì che giace la forza che ancora non conosci, la luce che aspetta il tuo coraggio.
Scendere nel proprio inferno non è per chi vuole scorciatoie.È per chi vuole verità.E libertà.
Ti invito a riflettere su queste parole, non come fossero una teoria da capire, ma come un sentiero da attraversare.Un passaggio interiore, un gesto rivoluzionario d’amore verso te stessə.
Perché ogni volta che scegli di guardare dentro, con sincerità…stai già iniziando a uscire.
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